“Carissima Cipollina,
in questi giorni dopo il tuo intervento moltissime persone mi hanno dato del pazzo perché hanno ritenuto quella protesi una follia, per te bastava solo una puntura, per te andava solo bene la morte. Sai che ti dico: hanno ragione, sono un pazzo, anzi un pazzo scatenato tant’è che ti scrivo una lettera, cosa c`è di meglio che un protesista scriva una lettera ad un pony?
Penso nulla, ma chi se ne frega.
Ti scrivo solo poche righe per ringraziarti, grazie a te ho ricevuto dalla vita molto, ho conosciuto persone straordinarie come Sergio che ama la natura gli animali e la vita (oltre che essere un mio conterraneo), ho conosciuto Elisa, Claudia, Simone che nel silenzio lavorano per voi amandovi alla follia, un mio collega, Pietro, diventato un amico ed un fratello, ho conosciuto Evelyne che ha donato la vita a voi cavalli maltrattati (e se la conosco penso che ti leggerà anche questa lettera).
Penso che San Francesco (scusa la megalomania) ti avrebbe descritto come il sole nel suo Cantico delle Creature perché tu sei: “bella, gioconda, robusta e FORTE”.
In una sola altra occasione ho scritto una lettera dopo un’avventura, ma questa volta ne valeva proprio la pena.
Penso che sei nata per unire le persone e questo è bellissimo.
Grazie mille,Il tuo protesista Marco
P.S.: Per voi che leggete questa per cortesia non commentate non dite mi piace, ho voluto fare questa mia riflessione e condividerla tra noi, se vi viene da piangere per la gioia, piangete perché è una bella storia, se vi viene, da gioire, gioite perché quello che abbiamo vissuto ha il profumo della vita, se la ritenete una stupidata, mi dispiace, chiudete e andate avanti.”
Marco Avaro, scriveva questa lettera a Cipollina, una nostra pony, nell’autunno del 2011.
Cipollina era arrivata nel gennaio 2010 e aveva circa 20 anni. Cipollina non è più con noi ma, credeteci, di lei si parla ogni giorno perché lei è, e sarà sempre, nell’anima di questo luogo e di chi l’ha conosciuta e amata.
Quando arrivò al Rifugio del Cavallo Cipollina era in condizioni molto gravi.
Per anni aveva sofferto di laminite (conosciuta anche come podoflemmatite, causata da alimentazione scorretta per sovraccarico di carboidrati, terreno sbagliato, infezioni non curate) e la negligenza della cura di questa patologia aveva portato a una cronicizzazione tale che la cavallina non poteva più camminare. Per farle raggiungere il suo box di ricovero si dovette trasportarla… in braccio!
Al Rifugio iniziarono subito le cure necessarie.
Come prima cosa, un pareggio deciso agli zoccoli danneggiati per ricrearne l’assetto funzionale che venne poi ripetuto mensilmente.
Questo permise a Cipollina di ricominciare subito a camminare.
Nel video i suoi primi passi.
I forti dolori resero comunque indispensabile una terapia analgesica complementare costante.
Cipollina soffriva anche del morbo di Cushing – una patologia endocrina che colpisce spesso i cavalli non più giovani – e per lei c’era quindi la dieta “speciale”.
L’umore migliorava ma la situazione degli zoccoli di Cipollina, specialmente quello anteriore destro, rimaneva sempre davvero molto seria.
Si tentò di salvare la zampa con una tendinectomia del flessore profondo (la rotazione dell’osso triangolare risultava essere estrema) e si continuò poi a curarla anche con impacchi quotidiani di piantaggine che gradiva moltissimo.
Ma l’intervento chirurgico e tutte le successive cure non risultarono sufficienti per salvarle l’arto.
Cedette.
Del tutto.
Cipollina era diventata così irrimediabilmente incapace a sostenersi da sola.
Questa constatazione irreversibile portò Evelyne e i volontari a decidere per l’amputazione dell’arto e la sostituzione di questo con una protesi.
Così, all’inizio dell’ottobre del 2011 lo staff di due veterinari, chirurgo e ortopedico, insieme a Marco Avaro, ingegnere protesista, era pronto per l’avveniristico intervento.
Cipollina è stata anestetizzata in anestesia generale in un locale del Rifugio atto ad infermeria e monitorata.
Le è stata esportata l’articolazione della falange, reperito il nervo navicolare, esportato pure quello in modo da evitare il fenomeno conosciuto come “arto fantasma”.
Alla fine l’arto fu suturato per poter creare un moncone agevole per l’alloggiamento della protesi.
Qui sono interventi dei tecnici ortopedici: hanno realizzato la protesi – su misura – durante il periodo intraoperatorio, con la cavalla ancora sedata.
Una volta accertato la corretta tenuta della protesi Cipollina è stata svegliata, gradualmente.
È stato straordinario: una volta terminato l’effetto dell’anestesia Cipollina si è tirata su da sola, caricando il peso sull’arto protesizzato, muovendo i primi passi a pochi minuti della fine dell’intervento e mostrando subito ottimo appetito e mobilità.
Dopo un paio di giorni era già libera sul prato con i suoi amici, le medicazioni non presentavano nessun segno di infezione.
La protesi abbisognò di qualche adattamento con la sempre generosissima disponibilità di Marco Avaro (Marco donò a Cipollina la sua nuova gamba, il proprio ingegno e tutto il tempo che Cipollina gli chiedeva e molto di più, seguendola anche nel decorso post-operatorio).
Una sera di dicembre però, due mesi dopo l’intervento, Cipollina chiamò: stava male. Era una colica e venne subito trattata con il protocollo consueto.
Ci chiediamo ancora oggi se fu fatalità, sfortuna, o trascuratezza ma la reale urgenza della richiesta dell’intervento verso il veterinario che si era dato disponibile per seguirla non fu percepita nella sua gravità.
I volontari si alternarono angosciati fra il telefono e l’assistenza a Cipollina cercando amorevolmente di tranquillizzarla nell’attesa del suo veterinario.
Ma ad un certo punto Cipollina rinunciò ad aspettare.
E fermò il suo cuore.
Svuotando in un sol colpo tutti i nostri.
Cipollina, che aveva superato con così tanta forza una prova enorme come l’amputazione di un arto e che riusciva a condurre una vita serena con la sua protesi, se ne era andata così, lasciandoci senza un congedo e senza la risposta a quell’unico perché. Cippi, la “nata per unire le persone”, come le scriveva Marco, era morta facendoci stringere tutti forte in un abbraccio di assoluta disperazione.